Questo articolo ripercorre la storia degli ascensori installati nella Torre Eiffel dal 1889 fino ai giorni nostri.
Il testo di questo articolo è in parte liberamente tradotto da un opuscolo del 1898 di Robert M. Vogel curatore associato di ingegneria meccanica e civile, Museo Nazionale degli Stati Uniti, Smithsonian Institution.
La Torre Eiffel è oggi uno dei monumenti più famosi al mondo: al momento della sua inaugurazione era alta 312 metri ma oggi ne misura di più, arrivando a 324 metri di altezza per via delle antenne televisive che sono state installate sulla sua sommità.
Fino al 1930 la Torre Eiffel è stato l’edificio più alto di tutto il mondo e questo primato fu superato solamente dal Chrysler Building di Manhattan prima e dall’Empire State Building dopo.
La Torre, quando fu costruita, rappresentava un edificio unico nel suo genere. Uno dei primi esempi di grattacielo: era questa la straordinarietà della Torre Eiffel che quando fu costruita non contava rivali in nessun’altra parte del mondo. A dire il vero, non appena fu completata la costruzione di quello che oggi è il simbolo della Francia e della sua capitale, furono diverse le critiche. A salvarla dall’abbattimento voluto dall’elité parigina furono i turisti e gli altri parigini, ma anche la facilità con cui era possibile trasmettere le onde radio dalla sua sommità.
La costruzione della Torre Eiffel fu dettata dal desiderio di creare un monumento per la commemorazione dei 100 anni della Rivoluzione Francese, da mostrare al mondo in occasione dell’Expo del 1889.
La costruzione è stata chiamata così in onore di Gustave Eiffel, ingegnere e architetto a cui spesso e volentieri viene attribuita questa monumentale opera. In realtà, però, questo illustre personaggio si è, in parte, preso il merito del lavoro di altri: gli ingegneri che idearono il progetto iniziale furono Maurice Koechlin ed Emile Nouguier. Sicuramente l’intervento dell’ingegnere inviato da Eiffel, Stephen Sauvestre, ebbe un ruolo fondamentale perchè corresse alcuni errori di fondo del progetto iniziale e modificò alcuni dettagli. Fu per questo motivo che Gustave Eiffel riuscì a registrare il brevetto a suo nome, passando alla storia come colui che ha progettato questo imponente monumento. Quello che fece, nella realtà dei fatti, fu solamente inviare il suo miglior collaboratore.
La torre costituiva il punto focale e l’attrattiva centrale dell’Esposizione Universale del 1889 a Parigi e fu tra i risultati tecnologici più straordinari di un’epoca che fu di per sé notevole per tali risultati.
La torre Eiffel, oltre che per i suoi aspetti strutturali ha suscitato ammirazione anche per i suoi ascensori necessari per permettere ai visitatori dell’Esposizione di raggiungere i tre livelli accessibili.
La progettazione di questi sistemi comportava problemi di gran lunga maggiori di quelli riscontrati in progetti di ascensori in qualsiasi parte del mondo. La base di queste difficoltà era l’amplificazione delle due condizioni tipiche nella progettazione degli ascensori: capacità dei passeggeri e altezza del vano di corsa. Inoltre, si presenta il problema, totalmente nuovo, di montare i montanti degli ascensori che portano al primo livello, sulla curvatura delle gambe della Torre. Lo studio delle varie soluzioni a questi problemi si basa sulle capacità progettuali del tempo che non potevano ancora fare riferimento alla trazione elettrica.
Per la progettazione della sua torre, non vi era praticamente alcuna esperienza nella storia strutturale da cui Eiffel potesse attingere a parte una serie di alti ponti ferroviari che la sua ditta aveva progettato in precedenza. Sono stati questi progetti che hanno portato Eiffel a considerare la praticità di strutture in ferro di altezza estrema.

La scelta del progetto della torre Eiffel non fu scontato ma furono bensì proposti anche altri progetti.
Uno di questi progetti fu proposto nel 1832 dal celebre ma eccentrico ingegnere gallese Richard Trevithick e consisteva nel erigere una torre conica in ghisa di 304 metri.

Il progetto di Trevithick prevedeva di elevare i visitatori alla sommità della torre mediante un pistone, posto all’interno di un cilindro e spinto da aria compressa. Probabilmente è una fortuna per la reputazione di Trevithick che il suo piano sia morto poco dopo e il progetto sia stato dimenticato. Un altro progetto interessante fu quello di una torre proposta dalla società di ingegneria americana Clarke, Reeves & Company che fu eretta poi alla Centennial Exhibition di Filadelfia nel 1876. All’epoca, questa ditta era forse il principale progettista ed erettore di strutture in ferro degli gli Stati Uniti, dopo aver eseguito opere come il Girard Avenue Bridge sul Schuylkill a Fairmount Park e la maggior parte del sistema ferroviario sopraelevato di New York. La proposta dell’azienda di una torre realizzata con colonne in ferro battuto rinforzato da una rete continua di diagonali si basava su solide conoscenze teoriche ed esperienza pratica. Tuttavia, gli sponsor della fiera trovarono il progetto troppo ardito e lo scartarono.

Lavori preparatori per la Torre
Nell’anno 1885, la ditta Eiffel, che aveva anche una vasta esperienza in ingegneria strutturale, intraprese una serie di indagini sui loro precedenti viadotti e ponti ferroviari realizzati con struttura in ferro e ne trassero diversi miglioramenti.
Gli organizzatori della Esposizione internazionale del 1889 scelsero il progetto molto ardito della torre Eiffel solo per la fama che si era fatta l’azienda di Eiffel con la costruzione dei più alti ponti ferroviari della Francia. Il patriottismo ha poi tolto tutti i dubbi.
Il progetto della torre Eiffel, non fu immune da innumerevoli critiche portate da diversi settori, c’erano i tecnici che dicevano che questa opera era impossibile da realizzare, gli esperti di arte che asserivano che la torre Eiffel avrebbe deturpato l’aspetto architettonico di Parigi, gli abitanti del posto che avevano paura che la torre gli portasse via la luce, ecc… Questa resistenza ha espresso la sua rabbia in un diluvio di edizioni speciali di giornali, petizioni e manifesti .
Inoltre, fu fatta una previsione che l’intera città sarebbe stata disonorata dall’ombra odiosa dell’odiosa colonna di lamiera di ferro imbullonata.
È impossibile determinare quale influenza queste proteste avrebbero potuto avere sul progetto se fossero state organizzate prima che la Commissione, nel novembre 1886, fornisse 1.500.000 franchi per l’anticipo dell’inizio dei lavori.
Nella pianificazione delle basi, è stata usata la massima cura per garantire un adeguato appoggio, ma nonostante la leggerezza della Torre in proporzione alla sua mole, e la bassa pressione che esercitava sul terreno, è stata presa in considerazione l’eventualità che uno o più appoggi potesse abbassarsi di livello; Per compensare questa eventualità, è stato utilizzato un dispositivo la cui ingegnosa immediatezza giustifica una breve descrizione. Nella base di ciascuna delle 16 colonne che formavano le quattro gambe principali era incorporata un’apertura in cui poteva essere posizionata una pressa idraulica da 800 tonnellate, in grado di sollevare leggermente l’elemento. Un sottile spessore in acciaio poteva quindi essere inserito per effettuare la correzione necessaria . Il sistema è stato utilizzato solo durante la costruzione per superare discrepanze minori di erezione.

Gli ascensori della torre
Gran parte del valore della Torre Eiffel e la sua raison d’être risiedevano nel travolgente potere visivo con cui doveva simboleggiare, per un pubblico mondiale, i risultati scientifici, artistici e, soprattutto, tecnici della Repubblica francese. Un’altra considerazione, secondo l’opinione di Eiffel, era il suo grande valore potenziale come osservatorio scientifico. Al suo vertice grandi esperimenti e osservazioni sarebbero possibili in campi come la meteorologia e l’astronomia. Si potevano anche condurre esperimenti sull’illuminazione elettrica delle città da grandi altezze. È stato anche riconosciuto il grande valore strategico della Torre come posto di osservazione.
Il problema serio di dovere trasportare una moltitudine di visitatori alla prima piattaforma principale della Torre oppure alla seconda piattaforma e un numero leggermente inferiore al vertice era un problema che i progettisti hanno cercato di risolvere da subito. La prima piattaforma più grande si trova ad una altezza di 56 metri, arrivarci con le scale era fattibile ma non per tutti. La seconda piattaforma si trova a 115 metri, la terza intermedia a 196 metri mentre per la cima occorreva superare un dislivello di 276 metri. Per la riuscita del progetto era indispensabile dotare la torre Eiffel di ascensori. Cosa non scontata per l’epoca: gli ascensori dovevano essere sicuri!
Per studiare il problema dell’ascensore, Eiffel si affidò ad un uomo di nome Backmann che era considerato un esperto in materia. Inizialmente Backmann doveva progettare tutto il sistema di trasporto verticale della torre ma si dimostrò presto non all’altezza del compito. Constatata la situazione, a Backmann viene inizialmente lasciato solo il compito di progettare gli ascensori verticali che dovevano portare dalla seconda piattaforma alla cima. Il progetto Backmann per gli ascensori superiori era basato su un principio adottato da diversi inventori nel periodo di sviluppo degli ascensori della metà del XIX secolo: quello di “avvitare la cabina” per mezzo di un elemento filettato e un dado, il dado solidale con la cabina sale o scende a seconda del verso di rotazione dell’elemento, per esempio come l’ascensore di Otis Tufts oppure quello di Miller.


Il progetto di Backmann, come del caso di Miller, prevede una serie di ingranaggi posti sotto la cabina inferiore che fanno ruotare dei rulli ai lati della cabina, attraverso questi rulli la cabina si avvita su di una pista a spirale che correva lungo tutto il vano; a seconda della direzione di rotazione dei rulli la cabina poteva salire o scendere. Per ridurre la potenza necessaria il sistema prevede due cabine che viaggiano in due vani adiacenti a forma di vite. Le cabine poi avevano tre piani.
Gli ingranaggi sotto la cabina erano azionati da una fune senza fine azionata da un motore a vapore posto a terra.

Il progetto, per le grandi difficoltà di portare il moto attraverso una fune, non ebbe mai esecuzione.
La seconda proposta di Backmann è una evoluzione della prima; per eliminare il problema della trasmissione del moto viene proposta l’installazione di un motore elettrico direttamente sotto la cabina, un po come il primo progetto di Siemens. Però la mancanza di affidabilità di questo tipo di motori, la diffidenza nella gente nell’uso dei motori elettrici appena scoperti, la mancanza di tempo necessario per sperimentare, la paura che i rulli fossero troppo rumorosi e portassero troppe vibrazioni in cabina hanno fatto si che anche questo progetto fosse abbandonato a favore di un nuovo progetto portato da un costruttore francese: Roux.
IL SISTEMA OTIS
La curvatura delle gambe della Torre ha imposto un problema unico nella progettazione degli ascensori e ha causato dei grandi grattacapi a Eiffel, alla Commissione della fiera e a tutti gli altri interessati.
Poiché un vano verticale all’interno dell’area aperta sotto la prima piattaforma era esteticamente impensabile, gli elevatori potevano essere posizionati solo lungo le gambe inclinate. Il problema di raggiungere la prima piattaforma non era grave perché le gambe erano abbastanza larghe e la loro curvatura così lieve da poter essere presa in considerazione la realizzazione di una cabina inclinata viaggiante su rotaie.
Secondo le stime degli organizzatori la grande maggioranza dei visitatori si sarebbe fermata a questo livello per via della presenza di numerosi ristoranti internazionali, bar e altre attrazioni che si trovano lì.
Due ascensori per operare solo fino a quel punto furono progettati senza difficoltà: uno da posizionare nella parte est e uno a ovest. Trasportare le persone sulla seconda piattaforma era un problema completamente diverso poiché doveva esserci una sola corsa da terra lungo delle gambe che cambiano inclinazione in corrispondenza della prima piattaforma. Le opzioni che si presentano sono due: realizzare dei binari a curvatura costante da “nascondere” nelle gambe oppure realizzare i binari diritti con un cambio di pendenza in corrispondenza della prima piattaforma. Alla fine viene optato per la seconda soluzione da realizzarsi sulle due gambe nord e sud.

Definito il progetto di massima vengono richieste offerte ai costruttori francesi ma nessuno si è preso la responsabilità di rispondere. Solo la filiale europera della Otis Brother company, la American Elevator Company, presenta la propria proposta tramite il suo ufficio di Parigi, Otis Ascenseur Cie ma la Commissione è stata costretta a respingerla perché una clausola della carta della fiera proibiva l’uso di qualsiasi materiale straniero nella costruzione della Torre. Inoltre, vi era un forte pregiudizio nei confronti degli appaltatori stranieri che, a causa del contesto generale di sfortuna che circondava il progetto nelle sue prime fasi, costituiva un elemento degno di seria considerazione da parte della Commissione.
Nonostante le pressioni verso i produttori Francesi di ascensori, nessuno si prese la responsabilità di accettare la sfida e così la Commissione, disperata, aggiudicò il contratto ad Otis nel luglio 1887 per un importo di $ 22.500.
Il sistema proposto si basava fondamentalmente sull’elevatore idraulico standard di Otis, ma era riconoscibile solo in base al principio di funzionamento di base.

dei binari sostituirono le guide a causa dell’inclinazione e la cabina a due piani correva su piccole ruote flangiate.


Gran parte dell’apparato non era in realtà diverso da quello di una normale funivia inclinata. La forza motrice era fornita dal consueto cilindro idraulico, impostato su un angolo approssimativamente uguale all’inclinazione della sezione inferiore della corsa.

A bilanciare il peso morto della cabina c’era un carrello contrappeso carico di ghisa che viaggiava su una seconda serie di binari sotto la pista principale. Come il sistema di guida, il contrappeso era a fune, in taglia 3 a 1, quindi la sua corsa era di circa 38 metri rispetto ai 114 metri della cabina.

Tutto nel sistema era su una scala molto più grande di quella di un normale ascensore del tipo. Il cilindro, di diametro 38 pollici, era lungo 10 metri. Piuttosto che un semplice paranco con più pulegge, le aste dei pistoni tiravano un grande carrello guidato sul quale erano montate sei pulegge mobili.


In corrispondenza c’erano cinque capi fissi, il tutto rinviato per formare un immenso paranco da 12 rinvii. La cabina, attaccata alle estremità libere dei cavi, si sollevava ad una velocità di 2m/s con una portata di 40 persone [1] mentre il pistone separava i due gruppi di pulegge.
Nell’esaminare da fuori il sistema, è difficile determinare quale singolo elemento nella sua progettazione non abbia potuto causare un problema tale da essere andato oltre la capacità ingegneristica di una società francese e aver causato molta preoccupazione a una grande e consolidata organizzazione americana con ampia esperienza ascensoristica ed esperienza anche sugli ascensori inclinati come la Otis.
Quando viene esaminato il sistema francese – che serviva la prima piattaforma dalle gambe est e ovest – diviene evidente che la tecnologia francese, forse per mancanza di esperienza fatta anche sul campo, non è all’altezza di quella accumulata da Otis. Le differenze sono palesi anche nei particolari, molti dei quali non visibili all’utente medio
Oltre ai problemi tecnici ci furono anche diversi problemi legati alle discrepanze di vedute tra gli ingegneri francesi e quelli americani soprattutto riguardo alle questioni legate alla sicurezza. Le ingerenze di Eiffel e dei suoi ingegneri riguardo al sistema di sicurezza da adottare portarono la Otis a minacciare di rinunciare al progetto e lasciare la torre Eiffel senza i due ascensori che portavano alla seconda piattaforma.
Alla fine la spuntò la Otis che adottò il suo sistema di sicurezza.
Se uno dei sei cavi di sollevamento si rompe o allunga indebitamente, o se la loro tensione si è allentata per qualsiasi motivo, vengono rilasciate potenti molle a balestra che fanno si che le ganasce dei freni afferrino e stringano sulle guide. Il concetto base è che l’attrito tra le pinze del freno e le guide crea un arresto ammortizzato a differenza dei normali ascensori in cui l’arresto è brusco.
Durante le prove di sicurezza, effettuate prima dell’apertura della fiera tagliando una serie di cavi di sollevamento temporanei, la cabina sarebbe caduta di circa 3 metri prima di arrestarsi.
I francesi invece volevano che venisse applicato un sistema a cremagliera e pignone del tipo usato su alcune ferrovie inclinate, sistema rumoroso che poneva anche dei limiti di velocità.
IL SISTEMA DI ROUX, COMBALUZIER E LEPAPE
Non ci sono dubbi sul fatto che gli ascensori francesi collocati nei pontili est e ovest per portare i visitatori al primo stadio della Torre avevano l’importante funzione secondaria di salvare la faccia. Che un ingegnere della percezione meccanica di Eiffel avrebbe permesso il loro uso, a meno che non fosse stato costretto a farlo dalla Commissione per l’Esposizione, è impensabile. Qualunque siano stati gli atteggiamenti dei commissari, va detto – ricordando il sistema Backmann – che non temevano l’innovazione. Il macchinario installato dalla ditta Roux, Combaluzier e Lepape era nuovo sotto ogni aspetto, ma era un prodotto di ingegnosità fuorviante e non costituiva un precedente. Il sistema, mai duplicato, ha vissuto una vita breve.

La base del sistema francese era una catena infinita di maglie corte, rigide e articolate alle quali era collegata la cabina e che a detta dei progettisti doveva funzionare come un pistone snodato. Mentre la catena si muoveva, la cabina veniva sollevata o abbassata. Ricordando la sfiducia europea nei confronti degli ascensori sospesi, è interessante notare che la cabina era spinta dai collegamenti sottostanti, quindi i collegamenti attivi erano in compressione (il concetto di pistone snodato). Per evitare la deformazione della colonna, la catena era chiusa in un condotto. per ridurre l’attrito su ogni snodo delle maglie è stata introdotta una coppia di piccoli rulli. Il sistema era, in effetti, duplicato, con una catena su entrambi i lati della cabina. Alla fine della corsa le catene passavano attorno a enormi ruote dentate, di diametro di 3,9 metri, con tasche sulle loro periferie per impegnare le articolazioni. Ruote più piccole in alto guidavano e rinviavano le catene.

Se per forza motrice la ruota viene ruotata in senso antiorario, la metà inferiore della catena viene spinta verso l’alto, portando con sé la cabina; delle fessure sulle facce interne dei profili di guida inferiori delle catene consentivano il passaggio della connessione tra la cabina e la catena. Pesi di piombo su determinati anelli delle sezioni superiori o di ritorno delle catene controbilanciano la maggior parte del peso morto della cabina.



Due cilindri orizzontali ruotavano le ruote dentate motrici attraverso un meccanismo il cui effetto era simile al rinvio a fune dell’elevatore idraulico standard, ma con ingranaggio a catena al posto delle funi. I cilindri erano del tipo a spinta piuttosto che a trazione usati nel sistema Otis; cioè, la pressione veniva introdotta dietro gli stantuffi, spingendoli fuori. Alle estremità degli stantuffi erano fissate delle pulegge dentate, sulle quali erano avvolte pesanti catene a passo quadruplo a maglie quadrate, un’estremità di ciascuna catena era solidamente fissata alla base della macchina. Le estremità libere scorrevano sotto il cilindro e formavano un altro mezzo avvolgimento attorno a piccoli pignoni calettati sull’albero motore principale. Mentre gli stantuffi venivano forzati verso l’esterno, le estremità libere della catena si muovevano nella direzione opposta, a velocità doppia allo spostamento lineare degli stantuffi. I pignoni erano così ruotati, spingendo la cabina in alto. La discesa avveniva semplicemente lasciando che i pistoni rientrassero nei cilindri aprendo le valvole di scarico dell’acqua, lasciando scendere la cabina grazie al suo peso. L’ingranaggio o il rapporto complessivo del sistema era la moltiplicazione dovuta al doppio rinvio delle pulegge dello stantuffo per il rapporto tra la catena e i diametri del pignone: 2 (12.80 / 1.97) o circa 13: 1. Per spostare la cabina di 66 metri fino alla prima piattaforma gli stantuffi viaggiavano solo per circa 5 metri. Entrare nella logica inventiva che stà dietro questa strana macchina non è difficile. Tenendo come punto imprescindibile l’assoluta sicurezza prima di ogni altra cosa, gli ingegneri della Roux si sono concentrati sull’adattamento del tipo di ascensore più sicuro conosciuto: lo stantuffo diretto. Questo tipo di ascensore, molto adatto agli edifici bassi e ben collaudato in Francia sembrava una buona base di partenza per lo sviluppo dei due ascensori inclinati che dovevano portare alla prima piattaforma. Dato che la corsa, sebbene inclinata, era dritta, per realizzare nel terreno un foro inclinato di 67 metri per contenere il cilindro si sarebbe faticato non poco ma sarebbe stato un lavoro fattibile Qual è stata quindi la ragione per usare un design molto più complesso? L’unica risposta ragionevole che si presenta è che i progettisti, lavorando in un periodo precedente all’accettazione dell’offerta Otis, stavano tentando di far evolvere un apparato in grado di fornire il servizio completo alla seconda piattaforma. L’uso di uno stantuffo diretto rigido era così precluso, divenne necessario trasporre l’idea di base per adattarla alla curvatura della gamba della Torre e allo stesso tempo conservare la sua intrinseca qualità di sicurezza.
Ecco quindi un design che mostrava uno strano contrasto. Da un lato era completamente nuovo, ideato espressamente per questo scopo e dall’altro era derivato da un sistema completamente tradizionale. Se non altro, era sicuro oltre ogni dubbio. Secondo le parole di Eiffel, gli ascensori Roux “non solo erano sicuri, ma apparivano sicuri; una caratteristica molto desiderabile negli ascensori che viaggiano verso tali altezze e trasportano il grande pubblico. “
Le carenze del sistema difficilmente potrebbero essere più evidenti. L’attrito derivante dagli oltre 320 giunti nei pistoni flessibili, ciascuno con due rulli, oltre a quello delle catene del rinvio sul pistone deve essere stato immenso. Il rumore creato da una tale molteplicità di parti può solo essere immaginato. La capacità era equivalente a quella del sistema Otis. Circa 100 persone potevano essere trasportate nella cabina a due piani, alcune in piedi. La velocità, tuttavia, era di solo 1m/s, comprensibilmente bassa.
I sistemi Roux e Otis attingevano entrambi l’approvvigionamento idrico dagli stessi serbatoi; inoltre, ciascun sistema utilizzava valvole di distribuzione simili azionate dalle cabine. A parità di persone trasportate il sistema della Otis richiedeva una potenza molto minore del sistema Roux


IL SISTEMA EDOUX
La sezione della Torre che presentava la minima difficoltà per l’installazione dell’ascensore era quella sopra la giuntura delle quattro gambe – dalla seconda piattaforma alla terza, o fino alla piattaforma di osservazione in cima. Essendo la corsa perfettamente diritta e verticale le apparecchiature francesi erano in grado di effettuare questo servizio; l’unica richiesta insolita per l’ascensore di allora ere la lunghezza della corsa di 160 metri.

L’ascensore diretto a pistone era l’unico tipo in cui la pratica europea era in anticipo rispetto alla pratica americana in quel momento. Come accennato, il problema più grave di Edoux è stata l’altissima corsa di 160 metri. L’ascensore del Trocadero, la macchina a pistone più alta del mondo, aveva un corsa di soli 70 metri. Una difficoltà secondaria era la indesiderabilità estetica di consentire al cilindro di proiettarsi verso il basso di una distanza uguale alla corsa di 160 metri, che lo avrebbe portato direttamente al centro dell’area aperta sotto la prima piattaforma. Entrambi i problemi sono stati affrontati da un’ingegnosa modifica del sistema di base. La corsa è stata divisa in due sezioni uguali, ciascuna di 79 metri, e sono state utilizzate due cabine. Una operava dalla piattaforma del secondo livello fino a una piattaforma intermedia a metà strada, mentre l’altra operava dal livello intermedio alla piattaforma di osservazione vicino alla cima della Torre. Le due sezioni erano ovviamente parallele, ma sfalsate. Una guida centrale, sulla linea centrale della Torre, percorreva l’intera lunghezza di 160 metri servendo entrambe le cabine, con guide più corte su entrambi i lati: una per la parte superiore e una per la corsa inferiore. Pertanto, ogni cabina percorreva solo la metà della distanza totale. Le due cabine erano collegate, come nel sistema Backmann, da cavi d’acciaio che passavano sopra le pulegge nella parte superiore, bilanciandosi reciprocamente ed eliminando la necessità di contrappesi. Essendo posizionati sotto la cabina superiore, i loro cilindri si estendevano verso il basso solo di 79 metri fino alla seconda piattaforma e quindi non sporgevano oltre i confini del sistema stesso. Durante il viaggio verso l’alto o verso il basso, i passeggeri dovevano passare da una cabina all’altra sulla piattaforma intermedia, dove le due cabine si incontravano e si separavano. Questo trasferimento era l’unica caratteristica indesiderabile di quello che era, nel complesso, un lavoro di ingegneria ascensoristica completamente efficiente e ben progettato.
Durante il funzionamento, l’acqua fu ammessa ai due cilindri da un serbatoio sulla terza piattaforma. La forza data dal peso dell’acqua e quindi dalla pressione generata era sufficiente per forzare i pistoni a sollevare la cabina superiore. Mentre le testate dei pistoni e la cabina salivano, l’innalzamento del livello dell’acqua nei cilindri causava una riduzione progressiva della prevalenza disponibile. Questo effetto negativo è stato ulteriormente accentuato dal fatto che, mentre i pistoni si spostavano verso l’alto, sempre meno della loro lunghezza era sostenuta dall’acqua all’interno dei cilindri, aumentando il loro peso effettivo. Questi due fattori sono stati, tuttavia, esattamente compensati dall’aumento del peso dei cavi sull’altro lato delle pulegge mentre la cabina inferiore scendeva. Il perfetto bilanciamento del carico morto del sistema per qualsiasi posizione delle cabine era, quindi, una qualità intrinseca del progetto. Tuttavia, c’erano due condizioni estreme di carico dal vivo che richiedevano considerazione: la cabina inferiore piena e la parte superiore vuota, o viceversa. Per consentire alla cabina superiore di scendere nella prima condizione, gli stantuffi furono resi sufficientemente pesanti, con l’aggiunta di ghisa alle loro estremità inferiori, per bilanciare il peso di un carico di capacità nella macchina inferiore. La seconda condizione richiedeva semplicemente che il sistema fosse abbastanza potente da sollevare il peso sbilanciato degli stantuffi più il peso dei passeggeri nella cabina superiore.

Come negli altri sistemi, la sicurezza era una questione di primaria importanza. In questo caso, l’elemento di rischio risiedeva nella possibilità della caduta della cabina sospesa. La cabina superiore, appoggiata sui pistoni, era praticamente libera da tale pericolo. Anche in questo caso si avvertì l’influenza di Backmann: fu applicato un freno ispirato al suo progetto. Si tratta di un ritorno al passato perchè in passato erano stati utilizzati dispositivi di sicurezza simili che non si erano dimostrati all’altezza. Attaccati alla macchina inferiore c’erano due rulli verticali filettati elicoidalmente, che operavano all’interno delle guide cave. Le nervature elicoidali corrispondenti nelle guide ruotavano i rulli mentre la macchina si muoveva. Se la velocità della cabina superava un limite prestabilito, la maggiore resistenza offerta dall’apparecchiatura spingeva i rulli verso l’alto in apposite tazze e, per attrito, rallentavano o arrestavano la cabina.

Il dispositivo era considerato inefficace da Edoux ed Eiffel, i quali erano consapevoli che la massima sicurezza del sistema derivava dall’uso di cavi di sospensione molto più grandi del necessario. C’erano quattro di questi cavi, con una sezione totale di 0,22 metri quadrati. Il carico massimo totale a cui potevano essere sottoposti i cavi era di circa 21,31 tonnellate, ottenendo così un fattore di sicurezza di 46!
Una curiosità legata al sistema Edoux è data dall’uso delle pompe Worthington (americane) per riportare l’acqua di scarico dai cilindri ai serbatoi di alimentazione. Non è stato trovato alcun record che possa spiegare perché questa particolare eccezione è stata fatta alla clausola “materiali estranei”. Questa eccezione è ancora più strana in considerazione della inutile richiesta di Otis per le stesse pompe e del fatto che erano disponibili un gran numero di pompe di fabbricazione francese. È possibile che l’influenza personale di Edoux sia stata sufficiente a superare l’autorità del regolamento.


Nel 1900 Parigi si preparò nuovamente per un’esposizione internazionale, con circa 5 anni in anticipo, le macchine Roux, l’elemento più debole del sistema della Torre Eiffel, furono sostituite con un altro impianto idraulico costruito dalla azienda francese Fives-Lilles, le nuove macchine erano il massimo in termini di potenza, controllo ed eccellenza generale del funzionamento. Come nel sistema Otis, le cabine arrivavano fino alla seconda piattaforma.
L’attrezzatura Fives-Lilles riflette in breve tempo l’avanzata dell’ingegneria europea degli ascensori. Le macchine erano collegate a delle funi e incorporavano l’elegante caratteristica delle cabine autolivellanti che compensavano l’inclinazione variabile del binario. Per la fiera del 1900 fu anche rimosso l’ascensore Otis nel molo sud e al suo posto fu costruita un’ampia scalinata che portava alla prima piattaforma. Nel 1912, 25 anni dopo la sorprendente proposta di Backmann di utilizzare l’elettricità per il suo sistema, il restante ascensore Otis fu sostituito da un ascensore elettrico più piccolo. Questa innovazione è stata introdotta con riluttanza esclusivamente allo scopo di accogliere i visitatori in inverno quando i sistemi idraulici vengono chiusi a causa del clima gelido. L’ascensore elettrico ebbe una vita breve, venne rimosso nel 1922 quando il numero di visitatori invernali aumentò ben oltre la sua capacità. Tuttavia, i due sistemi idraulici sono stati modificati per funzionare a temperature di congelamento inferiori presumibilmente con il semplice espediente di aggiungere all’acqua un prodotto chimico antigelo.
Nel 1983 anche gli ascensori Edoux vengono sostituiti con ascensori elettrici Otis Duolift , che percorrono la corsa a cielo aperto più lunga mai realizzata da un ascensore: 160 metri. Ogni ascensore è composto da due cabine, che fungono da contrappeso l’una dell’altra: quando una cabina sale, l’altra scende.
Cavi zincati e dispositivi antighiaccio sulle cabine, consentono agli ascensori di operare tutto l’anno, anche in condizioni climatiche avverse.
Otis ha modernizzato gli ascensori Duolift nel 2001
I sistemi Fives-Lilles vengono ammodernizzati nel 1986 e 1987 e risistemati nel 1992, 1995 e 2005.
La cabina passeggeri è trasportata da un carrello collegato a dei cavi ed è mantenuta a livello da un sistema di recupero. Sottoterra, un sistema idraulico mette in moto 2 pistoni che muovono due carrelli che, attraverso una serie di pulegge, fanno muovere la cabina dal livello strada fino alla seconda piattaforma facendole percorrere 128 metri
Fino al 1986, i pistoni erano azionati da un sistema idraulico, alimentato da tre grandi accumulatori di circa 200 tonnellate ciascuno, che garantivano sia il mantenimento della pressione dell’acqua (40-60 bar), sia il buon funzionamento del meccanismo del contrappeso .
Dal 1986, i due pistoni sono mossi da motori oleodinamici ad alta pressione e l’acqua viene sostituita con un olio idraulico; i motori oleodinamici ad alta pressione sono subentrati per guidare il movimento del sistema a pistoni di sollevamento, mentre due dei tre grandi accumulatori originali servono ora solo come serbatoi.

Nel 2008 inizia il progetto di sostituzione totale dell’ascensore del pilone Est con l’intento di riportare in vita il progetto originale della Fives-Lille del 1899 tenendo conto dei progressi della tecnologia
Gli ascensori oggi
Tra il piano terra e il secondo piano:
3 ascensori – pilastri nord, est e ovest – sono dedicati ai visitatori.
1 ascensore elettrico è utilizzato esclusivamente dai clienti del ristorante Jules Verne.
1 montacarichi da 4 tonnellate – pilastro sud – è dedicato al personale della Torre Eiffel
Tra il secondo e il terzo piano:
2 ascensori elettrici a cabina doppia
Bibliografia
Elevator systems of the Eiffel tower 1889 Robert M. Vogel
[1] L’ascensore idraulico Riccardo Paolelli 1990 Ulrico Hoepli editore