Per poter parlare correttamente dello sviluppo del motore elettrico usato per muovere gli ascensori occorre fare due premesse: una descrizione base dei principi di funzionamento dei motori alimentati in corrente continua e alternata ed un excursus sulle condizioni al contorno che hanno orientato prima un tipo di motore e poi l’altro.
Partiamo dalla prima premessa.
Il funzionamento delle macchine elettriche rotanti si basa su due fenomeni fisici correlati.
Il il primo fenomeno fu osservato per la prima volta nel 1820 dal fisico francese André-Marie Ampère: un conduttore percorso da corrente e immerso in un campo magnetico è sottoposto a una forza che dipende dalla geometria del sistema.

Il secondo è il fenomeno dell’induzione elettromagnetica, scoperto nel 1831 dal fisico britannico Michael Faraday: se un conduttore si sposta in un campo magnetico, o più precisamente, se varia il flusso concatenato con il conduttore, viene indotta in quest’ultimo una corrente elettrica.

Il secondo fenomeno fu invece osservato per la prima volta nel 1820 dal fisico francese André-Marie Ampère: un conduttore percorso da corrente e immerso in un campo magnetico è sottoposto a una forza che dipende dalla geometria del sistema.
La più semplice di tutte le macchine elettriche rotanti è il disco di Faraday, costituito essenzialmente da un disco di rame montato in modo che una parte di esso si trovi fra i poli di un magnete a ferro di cavallo (quindi nel campo magnetico da essi generato). Quando il disco viene messo in rotazione, il campo magnetico induce una corrente elettrica che può essere utilizzata per alimentare un circuito. Il disco di Faraday funziona anche come motore applicando fra il bordo e il centro una tensione che produce una corrente elettrica; per effetto del campo, il disco è sottoposto a una forza che lo fa ruotare.

Il campo magnetico generato da un magnete permanente può essere utilizzato per azionare generatori o motori elettrici di piccole dimensioni, mentre per le macchine più grandi è necessario fare uso di elettromagneti che sono in grado, a parità di spazio occupato, di generare campi elettromagnetici ben superiori.
Queste intuizioni le misero presto in pratica scienziati come Antonio Pacinotti del quale abbiamo ancora conservata la sua “macchinetta” del 1860 e Ernst Werner von Siemens che fu tra i primi a realizzare praticamente delle dinamo.
I motori ed i generatori risultano quindi costituiti da due unità fondamentali:
- l’induttore, cioè l’elettromagnete fisso con il suo avvolgimento che crea il campo elettromagnetico,
- l’indotto, cioè la struttura che porta i conduttori immersi nel campo magnetico e percorsi dalla corrente indotta (nei generatori) o dalla corrente di alimentazione (nei motori). L’indotto è in genere costituito da un nucleo di ferro dolce laminato attorno al quale sono avvolti a bobina i conduttori (avvolgimento).



Generatori di corrente continua (dinamo)
Se l’indotto è un rotore che ruota tra i poli di un campo magnetico stazionario, la corrente fluisce in una direzione nella prima metà di ogni giro e nella direzione opposta nell’altra metà. Per ottenere una corrente uniforme e unidirezionale (o continua) occorre quindi un dispositivo che inverta il flusso di corrente in uscita dal generatore nel corso di ogni rotazione.
Nelle macchine di vecchia concezione questa inversione viene realizzata mediante un commutatore, che nella forma più semplice è un anello metallico diviso in due e montato sull’albero del rotore. Le due metà dell’anello sono isolate fra loro e costituiscono i terminali dell’avvolgimento del rotore. Sul commutatore in rotazione strisciano due blocchetti di metallo o di carbone (le cosiddette spazzole) fissati sui due lati contrapposti e premuti da molle, che connettono elettricamente l’avvolgimento con conduttori esterni. Con il rotore in movimento, ciascuna delle due spazzole viene alternativamente a contatto con l’una e l’altra delle due metà del commutatore, cambiando contatto nel momento in cui la corrente dell’avvolgimento inverte la direzione. Nel circuito esterno collegato al generatore si induce così una corrente unidirezionale. I generatori di corrente continua (detti comunemente dinamo, termine nato come abbreviazione di macchine dinamometriche) vengono di solito impiegati per produrre tensioni relativamente basse, fino a un massimo di 1500 volt, perché tensioni più elevate possono produrre fenomeni di scintillamento fra le spazzole e il commutatore. Nelle macchine più recenti l’inversione viene realizzata mediante dispositivi elettronici come i raddrizzatori a diodo o a semiconduttore.


Comunemente le dinamo sono classificate in base al sistema impiegato per fornire corrente agli elettromagneti dello statore. Nelle dinamo con avvolgimento in serie lo statore è in serie con il rotore, mentre in quelle in parallelo lo statore e il rotore sono collegati in parallelo. Nelle dinamo a eccitazione mista, una parte degli avvolgimenti è connessa in serie e una parte in parallelo. Sia le dinamo con avvolgimenti in parallelo sia quelle a eccitazione mista offrono il vantaggio di erogare una tensione relativamente costante anche in presenza di carichi elettrici variabili. La dinamo con avvolgimenti in serie viene usata principalmente per fornire corrente costante in risposta a una tensione variabile
Motori a corrente continua
In genere, i motori a corrente continua sono strutturalmente simili ai generatori di corrente continua e possono essere descritti come “dinamo al contrario”. Quando l’avvolgimento dell’indotto rotante (o rotore) di un motore a corrente continua è percorso da corrente elettrica, il campo magnetico produce una coppia di forze che lo mette in rotazione. La funzione del commutatore e le connessioni dell’avvolgimento dello statore dei motori sono identiche a quelle delle dinamo. Per effetto della rotazione dell’indotto si induce nel suo avvolgimento una tensione che ha direzione opposta a quella della tensione esterna applicata e per questo è nota come tensione d’arresto o forza controelettromotrice. Quando il motore gira più rapidamente, la tensione d’arresto aumenta fino a essere quasi uguale alla tensione applicata. A questo punto la corrente è piccola e il motore, finché non è sotto carico, ruota a velocità costante e non esegue lavoro meccanico oltre a quello necessario per la rotazione dell’indotto. Quando viene applicato il carico, l’indotto ruota più lentamente, la tensione d’arresto si riduce e all’indotto affluisce una corrente più intensa; in queste condizioni il motore assorbe più energia elettrica dalla fonte di alimentazione ed è in grado di svolgere lavoro meccanico.
Poiché l’afflusso di corrente nell’indotto è regolato dalla velocità di rotazione, per l’avvio del motore occorre impiegare degli accorgimenti. Quando è fermo, l’indotto non offre praticamente alcuna resistenza al passaggio di corrente, per cui se viene applicata la normale tensione di esercizio fluisce una corrente troppo intensa, che può danneggiare il commutatore o l’avvolgimento dell’indotto stesso. Per ovviare a questo inconveniente si usa in genere una resistenza in serie con l’indotto che consente di ridurre la corrente finché la tensione d’arresto non raggiunge un livello sufficiente; man mano che il motore acquista velocità, la resistenza viene gradualmente ridotta.
Oltre che dalla corrente dell’indotto, la velocità del motore a corrente continua dipende dall’intensità del campo magnetico che agisce sull’indotto stesso: più intenso è il campo, minore è la velocità di rotazione necessaria a generare una tensione d’arresto abbastanza alta da contrastare la tensione applicata, per cui la velocità del motore può essere regolata variando la corrente di eccitazione.
Generatori di corrente alternata (alternatori)
Come già detto, un semplice generatore senza commutatore produce una corrente alternata che cambia direzione due volte a ogni giro dell’indotto. La corrente alternata è particolarmente vantaggiosa per la trasmissione di energia elettrica, ed è per questo che la maggior parte dei grossi generatori di corrente sono del tipo a corrente alternata. Nella forma più semplice, il generatore di corrente alternata, più noto come alternatore, differisce dal generatore di corrente continua, o dinamo, in due soli particolari: anzitutto i terminali dell’avvolgimento del rotore sono costituiti non da commutatori ma da collettori a lamelle (sottili anelli di rame isolati fra loro) fissati sull’albero del generatore, e inoltre l’avvolgimento dello statore è alimentato da una fonte esterna di corrente continua anziché dal generatore stesso. Gli avvolgimenti degli alternatori a bassa velocità possono avere fino a 100 poli, e altrettante lamelle, e ciò consente di migliorare l’efficienza e di raggiungere più facilmente la frequenza richiesta (ma gli alternatori azionati da turbine ad alta velocità sono spesso bipolari). La frequenza della corrente erogata dall’alternatore è uguale al semiprodotto del numero dei poli e del numero di giri al secondo del rotore.

La corrente generata dagli alternatori sopra descritti raggiunge un valore massimo, cala fino a zero, raggiunge un valore minimo negativo e ritorna a zero un certo numero di volte al secondo, a seconda della frequenza di progetto della macchina. Tale corrente è nota come corrente alternata monofase. Se l’indotto è costituito da due avvolgimenti, perpendicolari fra loro e con connessioni esterne separate, vengono a crearsi due onde di corrente, ciascuna delle quali ha intensità massima quando l’altra è nulla. Tale corrente è chiamata corrente alternata bifase. Se si dispongono tre avvolgimenti a 120° uno rispetto all’altro, la corrente viene prodotta sotto forma di onda tripla e viene chiamata corrente alternata trifase. Per ottenere un maggior numero di fasi è sufficiente aumentare il numero degli avvolgimenti. Nell’elettrotecnica moderna si usa più comunemente la corrente alternata trifase, e l’alternatore trifase è il generatore elettrico tipico.
Motori a corrente alternata
I motori a corrente alternata polifase sono di due tipi fondamentali: motori sincroni e motori asincroni a induzione e a commutazione. Il motore sincrono è essenzialmente l’inverso di un alternatore trifase. Gli elettromagneti sono montati sul rotore e sono eccitati da corrente continua, mentre l’avvolgimento indotto è diviso in tre parti ed è alimentato da una corrente alternata trifase. La variazione delle tre onde di corrente genera un campo magnetico rotante, la cui velocità è determinata dalla frequenza della corrente alternata di alimentazione.
Il più semplice di tutti i motori elettrici è un particolare tipo di motore trifase asincrono il cui avvolgimento del rotore è sostituito da una serie di barre conduttrici, disposte attorno all’albero a costituire una sorta di gabbia che per la sua conformazione prende il nome di gabbia di scoiattolo. La corrente trifase che affluisce nell’avvolgimento dello statore genera un campo magnetico rotante che induce una corrente nei conduttori a barra della gabbia. L’interazione fra il campo rotante e i conduttori percorsi da corrente mette in rotazione il rotore. Se quest’ultimo ruota alla stessa velocità del campo magnetico non si ha corrente indotta. Durante il funzionamento, la velocità di rotazione del rotore e quella del campo magnetico differiscono di una quantità compresa tra il 3% e il 6% circa, e tale differenza è nota come scorrimento.


La seconda era industriale
Abbandoniamo ora la descrizione del principio di funzionamento dei motori elettrici e ci concentriamo sulle condizioni al contorno che hanno orientato prima per la scelta di un tipo di motore e poi l’altro.
Intorno agli anni 1870, l’invenzione della dinamo e di conseguenza l’invenzione dei primi motori in corrente in continua permise di svincolare la distribuzione dell’energia meccanica dall’uso di cinghie e pulegge di rinvio

Questo primo vantaggio permise di ottimizzare la produzione di energia mediante i motori a vapore.
Invece di accoppiare un motore a vapore ad un sistema di cinghie e pulegge lo si accoppiava ad una dinamo e, attraverso dei fili elettrici realizzati in rame, si portava l’energia necessaria direttamente in corrispondenza del macchinario che adesso non era più mosso da cinghie ma da un motore elettrico.
Questo vantaggio venne da prima utilizzato nelle fabbriche.
Solo con l’invenzione della lampadina ad incandescenza a filamento di carbonio del 1880 ad opera di Thomas Edison l’uso dell’energia elettrica viene definitivamente sdoganato.
Ora si potevano illuminare le case utilizzando l’energia elettrica invece delle lampade a gas molto pericolose che riempivano di fumo e monossido di carbonio le case oltre che a riscaldarle involontariamente ed essere causa di rischio di incendio ed esplosione. L’invenzione della lampadina elettrica, per la gente comune, era una invenzione molto importante. Edison ci vide lungo e, con la sua azienda, iniziò a realizzare centrali elettriche e linee cittadine di distribuzione dell’energia.

Il sistema di distribuzione della corrente continua di Edison consisteva nel creare grandi stazioni di generazione dell’energia elettrica dalle quali partivano le linee di alimentazione, da cui i clienti assorbivano la corrente per la luce e per i motori. Il sistema operava con lo stesso livello di tensione attraverso tutto il circuito; per esempio, le lampadine di 100 volt del consumatore erano connesse a un generatore che erogava 110 volt, questo perché durante il tragitto vi era una caduta di tensione. Il livello di tensione erogata era stato deciso, per convenienza, in funzione delle lampadine a incandescenza del tempo; i filamenti di carbonio, ad alta resistenza, all’interno delle lampadine erano stati progettati, apposta per supportare 100 volt, e per provvedere ad un ottimo rapporto luminosità/costo così da poter essere competitivo rispetto alle vecchie luci a gas. Nel contempo si pensava che la tensione di 100 volt non fosse pericolosa o fatale per l’uomo.

La domanda di elettricità presto condusse al desiderio di costruire centrali elettriche sempre più grandi, e a porsi il problema del trasporto dell’energia su maggiori distanze. Inoltre, la rapida diffusione di motori elettrici industriali, provocò una forte domanda verso una tensione di esercizio diversa dai 110 V, allora utilizzata per l’illuminazione.
Il sistema di Edison, che utilizzava la corrente continua, era poco adeguato per rispondere a tale esigenza perché le tensioni prodotte erano basse per essere compatibili con l’uso diretto per l’illuminazione.
Inoltre, il problema del trasporto era ancora più difficile, dato che la trasmissione interurbana di grandi quantità di corrente continua da 110 volt era molto costosa perché soffriva di enormi perdite per dissipazione, sotto forma di calore.
Nel 1886 George Westinghouse, un ricco imprenditore, fondò la Westinghouse Electric per competere con la General Electric di Edison. La Westinghouse Electric si basò sulle scoperte di Galileo Ferraris e le invenzioni brevettate da Nikola Tesla (acquistandone nel 1888 i diritti) che avevano di fatto fondato l’intero impianto teorico relativo alla trasformazione e al trasporto efficace dell’energia elettrica su lunghe distanze. I due studiosi credevano nell’indiscussa superiorità della corrente alternata che consentiva di realizzare facilmente trasformatori in grado di aumentare o abbassare la tensione di rete.
Il primo elettrodotto commerciale in corrente alternata venne realizzato nel 1892 per egida di Galileo Ferraris e Carlo Sutermeister. La linea di trasporto si sviluppava tra Cossogno, Intra e Pallanza.
Alla fine del XIX secolo in Europa e negli Stati Uniti, all’indomani delle innumerevoli scoperte scientifiche riguardanti i fenomeni elettromagnetici, si dovette scegliere a quale delle due tipologie di distribuzione elettrica affidare il futuro dell’industrializzazione globale, e la scelta ricadde inevitabilmente sulla corrente alternata.
Uno dei maggiori sostenitori della corrente alternata nel Nord America fu George Westinghouse che, affiancato dalle numerose invenzioni e brevetti di Nicola Tesla, investì un ingente somma di denaro per creare il primo sistema di distribuzione di corrente alternata affiancata ai trasformatori.
In conclusione, visti i grandi vantaggi della corrente alternata e l’estro creativo di Nicola Tesla, la corrente alternata è quella che viene maggiormente utilizzata ancora oggi. Molto interessante è ciò che è accaduto all’indomani della conversione quasi totale del mondo verso la corrente alternata. Edison, infatti, resosi conto del suo grande errore incominciò a investire somme esorbitanti di denaro nella corrente alternata, comprando così la quasi totalità degli impianti elettrici del nord America. Il monopolio della produzione della corrente elettrica da parte di Edison e della Edison Electric rese Edison famosissimo, molto più del rivale.
Il passaggio di tensione da continua ad alternata comportò, soprattutto per il nord America, la sostituzione dei motori che azionavano le pompe degli ascensori idraulici e la sostituzione dei motori degli ascensori elettrici. Il passaggio agevolò quindi in parte la sostituzione del parco macchine soprattutto in America.
Motori elettrici per gli ascensori
Dopo questa lunga ma essenziale digressione riguardo alla scelta della corrente alternata quale sistema di distribuzione dell’energia elettrica continuiamo il nostro viaggio all’interno della storia dei motori elettrici per ascensori.
A differenza dei motori industriali i motori elettrici per azionare gli ascensori dovevano avere le seguenti caratteristiche:
- velocità costante ed indipendente dal carico
- forte coppia di avviamento dovuta al fatto che gli ascensori dovevano poter partire anche a pieno carico
- Correnti allo spunto mantenute entro limiti tollerabili per non creare problemi agli impianti elettrici di distribuzione dei palazzi in cui erano installati (per esempio l’abbassamento della tensione e della luce delle lampadine)
- Funzionamento silenzioso
- Capacità di regolare la velocità del motore per avere degli arrivi morbidi ed il più possibile precisi.
Tenendo conto della tecnologia presente alla fine del 1800 come si poteva fare fronte a questi problemi?
Nelle grandi città americane dove era stato sviluppato il sistema di distribuzione elettrico a corrente continua lo sviluppo dei motori in corrente continua era più avanti rispetto a quelli in corrente alternata che tra l’altro arrivarono più avanti.
Sviluppo del motore in corrente continua.
I primi motori in corrente continua avevano un rotore sul quale erano avvolti gli avvolgimenti che creavano la forza elettromagnetica che lo mettevano in moto. Anche i magneti dello statore erano in realtà degli elettromagneti realizzati con pacchi di traferro sui quali erano vi erano gli avvolgimenti statorici.
Questi motori rispettavano tutti i requisiti richiesti per i motori degli ascensori tranne quello della corrente richiesta allo spunto. Senza prendere accorgimenti le correnti di spunto erano così alte che potevano anche distruggere il motore.
La prima cosa da fare era quindi quella di ridurre queste correnti.
I metodi per ridurre le correnti di spunto si riconducono sempre alla legge di Ohm. Anche la regolazione della velocità del motore si può ricondurre a come si regola la corrente.
Vediamo quali sono i metodi di controllo dei motori in corrente continua:
I modi con cui si collega l’avvolgimento di eccitazione (quello realizzato sulla parte statorica) a quello d’indotto determinano un diverso comportamento del motore a corrente continua.
Essi sono fondamentalmente:
- eccitazione indipendente e in derivazione;
- eccitazione in serie;
- eccitazione composta.
Dal punto di vista del funzionamento a tensione costante il motore con eccitazione in derivazione è perfettamente equivalente al motore con eccitazione indipendente.
L’unica differenza tra i due tipi di eccitazione è nel fatto che il circuito di eccitazione del motore con eccitazione indipendente, può essere fatto funzionare a una tensione differente da quella di alimentazione del circuito d’indotto e, quindi, può essere alimentato con una sorgente indipendente da quella che serve per l’alimentazione principale; nel motore con eccitazione in derivazione, il cui schema viene rappresentato nella figura che segue, invece, sia il circuito d’eccitazione che quello d’indotto, sono alimentati dalla stessa sorgente di tensione.

In un motore a corrente continua sotto carico a eccitazione indipendente o in derivazione, la coppia è direttamente proporzionale alla corrente circolante nell’indotto.
Inoltre all’aumentare della coppia diminuisce il numero di giri. Questa diminuzione è comunque di modesta entità nella realtà operativa.
I motori a corrente continua con eccitazione indipendente e in derivazione, alimentati a tensione costante, vengono principalmente impiegati nei casi in cui è necessario mantenere una velocità di rotazione praticamente costante per qualsiasi condizione di carico.
In particolare, negli ascensori all’avviamento, viene inserita nel circuito di armatura una adatta resistenza per ridurre i valori tollerabili di corrente assorbita allo spunto. Detta resistenza viene poi gradualmente disinserita, per essere totalmente esclusa ad avviamento eseguito per non consumare inutilmente energia, essendo l’armatura percorsa dalla corrente principale.
La regolazione della velocità si ottiene molto semplicemente con un secondo reostato inserito nel circuito di eccitazione, variando il flusso magnetico del motore.

Nell’eccitazione in serie, il cui schema viene riportato nella figura che segue, l’avvolgimento d’eccitazione e quello d’indotto sono collegati in serie e sono quindi attraversati dalla stessa corrente.

Quando tale tipo di motore è posto sotto carico, aumenta la corrente nell’indotto e, insieme a essa, anche quella di eccitazione; il numero di giri del motore varia al variare della corrente, e quindi del carico, con legge iperbolica.
La coppia invece aumenta proporzionalmente al quadrato della corrente circolante nell’indotto ma questa relazione è valida fino a valori di corrente tali che il flusso Φ non può più essere considerato proporzionale a essa e cioè in saturazione.
Percui il motore a corrente continua con eccitazione in serie presenta una coppia di spunto elevata che decresce rapidamente all’aumentare del numero di giri. Questa proprietà risulta particolarmente utile nei casi in cui il motore deve essere utilizzato per l’azionamento di carichi gravosi allo spunto, come negli organi di sollevamento, nella trazione elettrica ecc.
Poiché nei circuiti in serie il circuito induttore è attraversato dalla stessa corrente di armatura che quindi varia con il carico ne consegue che variando il flusso magnetico con la corrente, varia anche il numero di giri del motore. Questi motori possono spuntare con coppie molto energiche e assorbire forti sovraccarichi; assumono però velocità eccessive se la coppia resistente si annulla. Essi pertanto non si prestano, salvo accorgimenti particolari, per gli ascensori.
In ultimo l’eccitazione composta, di cui un possibile schema viene proposto nella figura che segue, è utilizzata in quei casi in cui si vuole riunire le caratteristiche positive dei due precedenti tipi di eccitazione

Normalmente fra i motori ad eccitazione composta viene usato quello a eccitazione differenziale nel quale i due avvolgimenti, in serie e in derivazione, sono percorsi da correnti discordi. Essi tuttavia presentano complicazioni di circuito in quanto, potendo la macchina durante il periodo di decelerazione funzionare come generatore, l’eccitazione in serie non è concorde con quella in derivazione. L’inconveniente viene generalmente eliminato, disinserendo il circuito di eccitazione in serie (che ha lo scopo di aumentare la coppia di avviamento) non appena la velocità ha raggiunto il suo pieno valore.

Motore di ward leonard
Tra i motori a corrente costante grande spazio occupa nella storia degli ascensori il motore Ward Leonard.
Nel 1891 Harry Ward Leonard inventa il sistema di azionamento Ward Leonard per regolare la velocità di un motore in corrente continua.
Questa invenzione utilizza un motore che aziona una dinamo ed un motore a corrente continua che viene azionato dagli altri due. Il motore che aziona la dinamo può essere di vario tipo: un motore in corrente continua, un motore in corrente alternata, un motore a vapore, un motore a combustione interna; in pratica qualsiasi motore che sia in grado di mantenere un numero costante di giri.
L’asse di questo motore viene direttamente accoppiato all’asse di una dinamo. L’alimentazione dell’indotto della dinamo (ossia gli avvolgimenti presenti sul rotore) può essere prelevata da una dinamo ausiliaria oppure da un altro sistema di alimentazione a corrente continua. La tensione che si genera ai capi dell’armatura ossia ai capi degli avvolgimenti dello statore viene utilizzata per alimentare lo statore che genera il campo nel motore in corrente continua che muoverà il tamburo o la puleggia di trazione.

Attraverso un reostato Rc1 si varia la tensione sull’induttore (gli avvolgimenti presenti sul rotore) della dinamo e questa variazione di tensione ce la troviamo proporzionalmente aumentata sulla tensione V ai capi degli avvolgimenti dello statore. La dinamo ha quindi la funzione di amplificatore. La tensione V dello statore della dinamo riportata sullo statore del motore in corrente continua permette al motore di variare linearmente la sua velocità in base alla regolazione del reostato dell’induttore della dinamo mantenendo anche una coppia costante. La variazione della tensione sullo statore del motore da 0v a Vmax, permette di effettuare avviamenti con correnti sul suo induttore ridotte e quindi su questo non è necessario inserire reostati di avviamento; l’eventuale reostato Rc2 aggiunto permette invece al motore in corrente continua di aumentare la sua velocità quando ha raggiunto quella massima permessa dalla massima tensione che arriva al suo statore. Infatti un aumento della resistenza del reostato comporta una diminuzione della corrente d’eccitazione e del flusso e quindi un aumento della velocità
Per invertire il senso di marcia del motore si inverte la polarità dell’eccitazione della dinamo, infatti così facendo viene invertita la polarità della tensione applicata all’armatura del motore.
E’ possibile la frenatura a recupero, basta ridurre bruscamente la corrente d’eccitazione della dinamo, in modo che la sua forza elettromotrice risulti inferiore alla forza elettromotrice del motore che, ora, funzionerà da generatore erogando una potenza elettrica pari alla propria energia cinetica specifica ed alla potenza meccanica ricevuta a monte dal sistema (Mo).

L’azionamento ward Leonard venne usato per impianti ad alta velocità (maggiore di 1 m/s) ed alta potenza fino all’arrivo degli azionamenti elettronici. Per via della bassa corrente circolante nel reostato Rc1 del’indotto della dinamo era possibile portare il controllo del movimento della cabina direttamente all’interno della stessa ed il controllo era demandato agli attendenti dell’ascensore o liftman


Nel 1960, per raggiungere i 32 piani del grattacielo Pirelli, a Milano, furono installati 6 ascensori Otis muniti di azionamento ward Leopard con capienza di 30 persone e velocità di 4m/s. la regolazione, ossia l’inserimento e disinserzione dei reostati avviene in modo automatico come automatica è la chiamata ai piani ed in cabina.
Motore in corrente alternata sincrono
Dei motori a corrente alternata il sincrono, pur avendo il pregio di una velocità assolutamente costante col variare del carico, ha il gravissimo inconveniente di non potersi avviare da solo e di richiedere l’eccitazione con corrente continua. Esso, pertanto, non viene usato che nel caso di motori di grande potenza quali quelli degli impianti di estrazione delle miniere.
Motore in corrente alternata asincrono
Galileo Ferraris nel 1885 dimostra, sperimentalmente in pubblico, il risultato dei suoi studi: l’esistenza di un campo magnetico rotante generato mediante due bobine fisse, tra loro perpendicolari, percorse da correnti alla stessa frequenza in quadratura; un cilindretto di rame (rudimentale rotore), immerso nel campo magnetico generato dallo statore di materiale ferromagnetico, si mette in movimento, tra la meraviglia dei presenti, sotto l’azione delle forze elettrodinamiche tra campo rotante e correnti indotte. E’ l’inizio del motore asincrono. Ferraris pubblica la teoria del motore asincrono sulla rivista L’Elettricità, soltanto dopo tre anni, nell’aprile del 1888. Nel mese di maggio dello stesso anno, Nicola Tesla deposita in America cinque brevetti sulla costruzione dei motori asincroni. Innegabile il primato scientifico di Galileo Ferraris sul principio di funzionamento e sulle basi teoriche del motore asincrono che Tesla utilizza per la sua costruzione su base industriale (i brevetti furono acquistati dalla Westinghouse).



Per via del suo principio di funzionamento è il motore elettrico più semplice, economico, robusto ed affidabile che la tecnica conosca. Rispetto agli altri tipi di motori elettrici i vantaggi e gli svantaggi sono i seguenti:
Vantaggi
- Peso ed ingombro ridotti a parità di potenza;
- mancanza di particolari dispositivi di eccitazione: preleva dalla rete la potenza magnetizzante necessaria per creare il flusso induttore
- è autoavviante;
- sviluppa, spontaneamente ed automaticamente, variando la propria velocità, una coppia motrice atta a controbilanciare la coppia resistente applicata all’albero motore, determinando un funzionamento stabile (all’aumentare del carico rallenta);
- sovraccaricabilità, anche il 100% della sua potenza nominale;
- esigenze di manutenzione molto ridotte
- semplicità di esercizio ed alto rendimento.
Svantaggi :
- all’avviamento, con inserzione diretta sulla rete, la corrente di spunto può risultare anche 4 – 10 volte maggiore della corrente assorbita a pieno carico, con problemi alla rete di distribuzione (cadute di tensione) ed agli interruttori (intervento);
- questa corrente risulta, inoltre, essere tanto sfasata rispetto alla tensione (come nei trasformatori in corto circuito) che la coppia motrice sviluppata dal motore all’avviamento, detta coppia di spunto, è piccola nonostante l’elevato valore della corrente assorbita;
- la velocità di rotazione del motore alternato trifase, nel campo di funzionamento normale, praticamente costante, perché strettamente legata alla frequenza della corrente di alimentazione;
- la coppia massima (proporzionale al quadrato del rapporto tra il valor efficace della tensione di alimentazione e la frequenza) costante ed ad una ben precisa velocità.
Per poter usare il motore asincrono sugli ascensori occorre quindi usare degli accorgimenti per ovviare al problema della non possibilità di regolazione della velocità fino all’avvento degli inverter.
Il primo modo per controllarne la velocità è quello di accoppiare un motore a 4 coppie polari ad un argano con un rapporto intorno ai 1/43 per ridurre la velocità della cabina intorno agli 0,5 m/s.
Per impianti con basse velocità di esercizio, sfruttando un volano collegato direttamente sull’albero del motore e dei freni opportunamente regolati si poteva rendere quasi gradevole la fermata al piano. Il volano però anche se ammorbidiva la frenata per via della sua inerzia giocava a sfavore in partenza.
Altro metodo, rimasto in vigore fino ai giorni nostri, è quello di avvolgere lo statore con due set di avvolgimenti, uno a 4 poli e l’altro a 16 poli. In questo modo, avvicinandosi al piano, per mezzo di selettori si commuta l’alimentazione dagli avvolgimenti a 4 poli a quelli a 16 poli demoltiplicando di conseguenza la velocità del motore che inizia così ad esercitare una azione frenante non brusca fino al raggiungimento della bassa velocità.
Per esempio, il numero di giri al minuto che effettua un motore asincrono (senza tenere conto dello slittalento) è pari a n= ((frequenza di rete Hz)*60)/ P(numero di coppie polari)
Quindi un motore a 4 poli con frequenza di rete 50Hz gira con una velocità di sincronismo di 1500 giri/min mentre quando vengono inseriti i 16 poli viaggia alla velocità di sincronismo di 375 giri/min. tenendo conto di uno scorrimento tipico dal 3 al 6% la velocità massima a pieno carico sarà di 1410 giri/min e 352 giri/min
Tenendo conto del rapporto di riduzione dell’argano e del diametro della puleggia di frizione (per esempio di 400 mm) avremo una velocità massima teorica della cabina di v=(2*3.14*r(raggio puleggia mm)*(1410 giri/min))/(rapp rid*1000*60)=0,68 m/s mentre durante il rallentamento in bassa velocità diventa 0,17 m/s
L’arresto al piano avveniva poi togliendo corrente al motore ed azionando in contemporanea il freno. Questa tipologia di motori è stata in servizio fino all’avvento degli inverter e delle ultime normative EN 81.1 con le quali, imponendo dei valori massimi delle distanze tra soglia di cabina e pavimento del piano, ne ha reso più difficoltosa la regolazione. L’uso dell’inverter ne ha poi decretato la fine. Questi motori, già installati, vengono ancora riutilizzati abbinati all’inverter e non alimentando più gli avvolgimenti a 16 poli. In realtà è ancora possibile garantire di stare entro il gradino massimo ammesso dalla normativa ma ciò comporta una frequente regolazione del freno perché la regolazione è soggetta alle variazioni di temperatura ambientale, alle variazioni di umidità ed all’usura dei pattini del freno.
I primi motori in corrente alternata avevano anche un’altra possibilità di regolazione: Sfruttando il fatto che il rotore era di tipo avvolto, ponendo in serie agli avvolgimenti dei reostati, si ottiene che la corrente di spunto viene ridotta mentre lo sfasamento tra tensione e corrente viene ridotto anch’esso a tutto vantaggio della coppia che aumenta, poi, per contrastare le perdite sotto carico che comportava il suo inserimento, raggiunta la velocità di regine il reostato veniva escluso.


Nelle cave rotoriche veniva quindi inserito un normale avvolgimento, simile a quello statorico, di tipo trifase e collegato a stella, come mostrato nella figura seguente.



I capi di queste fasi vengono collegati a degli anelli conduttori, calettati sull’albero del motore ma isolati da questo, sui quali poggiano delle spazzole collegate ad un reostato, completamente inserito all’atto di chiusura dell’interruttore sulla linea, ma che va disinserito, gradualmente, all’aumento della velocità di rotazione e completamente escluso, cortocircuitato, in condizioni di normale funzionamento.
Seppur ancora utilizzato in alcuni casi, questo tipo di motore presenta i seguenti inconvenienti:
- ha bisogno di manutenzione agli anelli ed alle spazzole,
- occupa uno spazio maggiore sia in grandezza che in lunghezza,
- è inefficiente perché dissipa l’energia inutilizzata su reostati.
Dato l’utilizzo sempre più diffuso di regolatori elettronici di velocità (inverter) per i motori asincroni con rotore in cortocircuito, questi motori sono quindi quasi scomparsi.

Con il motore con rotore a gabbia non è possibile inserire resistenze nei circuiti rotorici per cui, all’avviamento, le correnti di spunto sono elevate e la coppia motrice piuttosto piccola. Nei motori di elevata potenza si utilizza l’avviamento a tensione ridotta. In questo metodo, non essendo possibile avere allo spunto correnti relativamente ridotte con coppie relativamente alte, si mira essenzialmente a limitare la corrente di spunto riducendo la tensione di alimentazione. In questo modo, però, si riduce anche la coppia di spunto, per cui questo metodo può essere usato solo quando la coppia resistente all’avviamento presenta piccoli valori, oppure quando il motore possiede una coppia di spunto tanto elevata per cui la riduzione di tensione non pregiudica l’avviamento.

Vari possono essere i sistemi per ridurre la tensione di alimentazione all’avviamento, ma il più utilizzato è quello a stella-triangolo, che viene utilizzato per quei motori la cui tensione nominale, per ciascuno dei suoi avvolgimenti statorici, è uguale alla tensione concatenata della linea di alimentazione. All’avviamento le fasi del motore vengono collegate a stella (tensione tra le fasi 230 V), a triangolo durante la marcia normale (tensione tra le fasi 400 V).
L’alimentazione mediante regolatori elettronici di tensione (inverter), abbinato a motori con gabbia di scoiattolo ottimizzata per questo abbinamento, è attualmente il metodo più usato perché, consente di controllare la coppia fornita dal motore a qualsiasi velocità di rotazione, controllando insieme la tensione di alimentazione e la frequenza.
Il rotore a gabbia di scoiattolo o in corto circuito, è caratterizzato da barre di alluminio, leghe di alluminio o rame distribuite uniformemente nelle cave e collegate frontalmente da anelli di corto circuito dello stesso materiale. La figura sotto si riferisce ad un rotore a gabbia di alluminio pressofuso.

La tecnologia normalmente utilizzata dai principali costruttori prevede la pressofusione della gabbia in alluminio nelle cave di rotore nei motori fino a 50-100 kW, la fusione a gravità con centrifugazione nei motori di potenza superiore.

Con questo procedimento si ottiene il rotore a gabbia completo degli anelli di cortocircuito, delle alette di raffreddamento e di eventuali pioli per l’equilibratura.
Tipica dei rotori è l’inclinazione longitudinale delle cave per attenuare i disturbi dovuti ai campi armonici che si manifestano come coppie parassite e rumori.
I rotori a gabbia si suddividono in diverse tipologie a seconda della configurazione della gabbia: semplice, doppia gabbia, triplice gabbia, addensamento di corrente. La seguente figura riporta i lamierini rotorici delle diverse forme di gabbia sopra elencate.

La gabbia semplice (vedi fig.a), viene impiegata pei motori di piccola potenza fino a circa 15 kW in quanto presenta una corrente di avviamento elevata, dell’ordine di 6-8 volte la corrente nominale fanno eccezione i motori alimentati da convertitori statici di frequenza (inverter) per i quali, al fine di ridurre le perdite addizionali dovute alle armoniche, è preferibile la gabbia semplice anche per potenze elevate. Per le potenze superiori, al fine di limitare la corrente di avviamento a valori accettabili e di ottimizzare le caratteristiche di avvilimento, si usa la doppia gabbia, (fig. b e c). Essa è limitata da una gabbia esterna, vicina al traferro, di sezione circolare e da una interna rettangolare, trapezia o di altra forma più o meno allungala in senso radiale.
La gabbia esterna ha piccola sezione e quindi alta resistenza mentre la gabbia interna, di sezione più ampia, ha bassa resistenza
All’avviamento, essendo alta la frequenza del rotore ed elevata la reattanza della gabbia interna, la corrente tende ad addensarsi nella gabbia esterna.
A mano a mano che il motore accelera, la frequenza del rotore e la reattanza della gabbia interna diminuiscono e con ciò la distribuzione della corrente fra le due gabbie tende ad uniformarsi.
Siccome nel motore a doppia gabbia, come visto, la corrente del rotore passa, durante l’avviamento, per la gabbia esterna, questa viene chiamata gabbia di avviamento, mentre la gabbia interna viene chiamata gabbia di marcia, anche se durante la marcia entrambe le gabbie partecipano alla conduzione della corrente.
Con una scelta ottimale dei parametri di resistenza e reattanza di dispersione delle due gabbie si ottengono caratteristiche allo spunto favorevoli con alte coppie di spunto, basse correnti e buon funzionamento a regime in termini di capacità di sovraccarico e di fattore di potenza (cosfi).
Risultati analoghi si possono ottenere con il rotore ad addensamento di corrente caratterizzato da una gabbia semplice alta e stretta (fig. d). Il principio di funzionamento è il seguente: la distribuzione della corrente nella barra non è uniforme ma la densità di corrente è più elevata verso l’apertura della cava che non al fondo; per valori sufficientemente alti della frequenza della corrente e dell’altezza della barra la densità di corrente tende ad assumere verso il fondo della cava valore nullo.
La disuniforme distribuzione della corrente ha un duplice effetto: la resistenza apparente offerta dalla barra al passaggio della corrente è maggiore della resistenza ohmica; la reattanza di dispersione è minore di quella calcolata in assenza del fenomeno di addensamento.
Il rotore a triplice gabbia (fig. e) un tempo abbastanza diffuso per la possibilità di ottenere una corrente di spunto molto bassa, circa 4 volte la corrente nominale, è attualmente poco utilizzato per l’onerosità costruttiva e per l’elevato riscaldamento del pacco rotorico.
Motori sincroni a magneti permanenti
I motori sincroni a magnete permanente, o brushless sinusoidali, sono impiegati sempre più diffusamente in ambito ascensoristico. Essi sono essenzialmente destinati ad azionamenti ad elevate prestazioni, in cui le particolari specifiche giustifichino il loro costo che è solitamente elevato per la presenza di magneti permanenti di pregio nell’elemento mobile (rotore). La conversione elettromeccanica che essi attuano segue il principio di funzionamento dei sistemi elettrodinamici in cui però i conduttori su cui agiscono le forze sono collocati nella parte fissa (statore) ed il rotore viene posto in movimento per il principio fisico di reazione. Una rappresentazione schematica della struttura di un motore sincrono a magneti permanenti a due poli è mostrata nella figura che segue

Lo statore ed il rotore sono entrambi a forma di corona cilindrica di materiale ferromagnetico laminato e separati da un traferro in aria. Sul rotore trovano posto i magneti permanenti. L’avvolgimento di statore è di tipo trifase; le tre fasi sono reciprocamente sfasate nello spazio di 2π/3, e ciascuna fa capo ad una coppia di morsetti indicati con aa’, bb’, cc’ in Fig.(a), attraverso i quali è possibile fornire loro alimentazione da una sorgente trifase esterna.
Risulta evidente che il corretto funzionamento del motore brushless è legato alla conoscenza esatta della posizione del flusso del magnete permanente, ovvero del rotore. Questo perché viene generata coppia solo se i fasori della corrente di statore mantengono una costante relazione di fase con il flusso di rotore. Il motore sincrono a magneti permanenti necessita dunque di un sensore di posizione assoluto (resolver o encoder assoluto). In alternativa, sono allo studio molte tecniche di stima della posizione (tecniche sensorless). Esse si basano su algoritmi matematici molto complessi, e solo di recente le grosse capacità di calcolo dei processori le ha rese implementabili in modo efficace ed abbastanza economico negli azionamenti elettrici.

