I primi ascensori idraulici

I primissimi ascensori idraulici consistevano in una cabina collegata, tramite un cavo ed una puleggia di rinvio posta sopra il vano, ad un secchio posto dentro ad un pistone. L’acqua veniva scaricata nel secchio attraverso un serbatoio posto sulla sommità dell’edificio, ad altezza maggiore della corsa massima della cabina, usando un rubinetto azionato da un sistema di funi che passavano in cabina. Quando il peso dell’acqua scaricata nel secchio raggiungeva quella del peso della cabina e dei passeggeri allora la cabina iniziava ad alzarsi ed a prendere velocità. Il manovratore a bordo doveva capire quando iniziare a chiudere il rubinetto e quando iniziare ad aprire il secondo rubinetto di scarico dell’acqua dal secchio per rallentare la cabina che veniva tenuta poi ferma da un freno che strisciava sulle guide azionato da una leva posta in cabina.
Questi ascensori potevano raggiungere velocità elevate ed i passeggeri erano lasciati in balia del manovratore.


Nel 1878, Cyrus W. Baldwin, inventò ed installò a New York un ascensore idraulico che usava un cilindro ed un pistone. Il principio di funzionamento di questo ascensore è rimasto così fino ai giorni nostri seppur con notevoli migliorie.


Nel 1878 questo ascensore non aveva limiti di altezza poichè non vi erano edifici in mattone così alti da poterne mettere in crisi il suo funzionamento. Ma con l’avvento delle strutture degli edifici con telaio in metallo i limiti degli ascensori idraulici iniziarono a farsi sentire e nel 1893, con l’avvento dei primi ascensori elettrici, trovarono un degno concorrente.
In europa, i primi ascensori idraulici funzionanti con il principio di Baldwin erano per lo più ad azione diretta, l’azione indiretta si usava per gli edifici più alti o per quelli per i quali non era possibile scavare un pozzo, della stessa lunghezza della corsa della cabina, per alloggiare il pistone.
La decisione della città di Londra di realizzare un sistema di acquedotto ad alta pressione, fino a 51 bar, avvantaggiò lo sviluppo di ascensori idraulici. In America, gli impianti ad alta pressione non ebbero una grande diffusione.

L’ascensore idraulico verticale del 1893 era costituito da un cilindro e pistone, vincolato, mediante supporti mobili, a un telaio posto verticalmente nello stesso vano dell’ascensore o in un vano adiacente; sulla testa del cilindro erano presenti delle pulegge sulle quali passavano i cavi che sostenevano la cabina. all’estremità del telaio, erano posizionate altre pulegge fisse; i cavi che lasciavano le pulegge per dirigersi verso la cabina passavano prima da una serie di rinvii poste sopra la testata del vano in modo da raggiungere in verticale l’arcata della cabina. I cavi che sostenevano la cabina facevano diversi giri tra le pulegge fisse e le pulegge mobili fissate sulla testa del pistone, consentendo così, ad ogni giro di dimezzare la forza necessaria al pistone per sollevare la cabina e contemporaneamente di raddoppiare la distanza percorsa dalla cabina rispetto al movimento del pistone.

Il peso morto della cabina veniva parzialmente controbilanciato dal peso del pistone e delle pulegge mobili, alle quali venivano aggiunti pesi di ferro, il peso veniva lasciato sbilanciato in quantità sufficiente a far muovere la cabina vuota in discesa a una velocità adeguata, e a superare la quantità di moto dell’intera massa in movimento in salita.

Quando non era possibile, oppure per comodità, il cilindro con il suo telaio potevano essere anche montati orizontalmente con le pulegge fisse che sporgevano in fossa di lato alla cabina. La macchina orizzontale sostanzialmente era uguale a quella verticale ma, per risparmiare spazio il rapporto di riduzione era maggiore, ossia i cavi portanti della cabina facevano un numero maggiore di giri tra le pulegge fisse del telaio e quelle mobili messe sulla testa del pistone.
L’alta differenza sostanziale è che le macchine orizontali potevano essere sia di tipo a spinta che a tiro, nel tipo a spinta, come per le macchine verticali, le pulegge mobili sono dalla stessa parte delle pulegge fisse rispetto al cilindro; nelle macchine a tiro le pulegge fisse si trovano dietro la testa del cilindro, dalla parte opposta del pistone

Per le macchine orizontali normalmente la taglia era di 10: 1 mentre con macchina verticale la taglia era tipicamente 4:1 per gli edifici alti e 2:1 per quelli bassi.

Con la macchina orizzontale, il peso del pistone e delle pulegge mobili poste sulla testata del pistone non possono aiutare a bilanciare la cabina quindi, veniva utilizzato un contrappeso collegato direttamente alla cabina e rinviato in testata.
Con i cilindri orizzontali a spinta, l’acqua in pressione veniva inserita dal lato del pistone che faceva si che l’introduzione dell’acqua, lo facesse rientrare nel cilindro per fare salire la cabina, la discesa avveniva mediante scarico di quest’acqua mentre il pistone veniva trascinato fuori per via del peso della cabina non bilanciato.

Con i cilindri orizzontali a tiro, l’acqua in pressione veniva inserita dal lato del pistone che faceva si che l’introduzione dell’acqua, lo facesse uscire dal cilindro per fare salire la cabina, la discesa avveniva mediante scarico di quest’acqua mentre il pistone veniva trascinato dentro il cilindro per via del peso della cabina non bilanciato.

Nelle macchine verticali occorre tenere conto della pressione idrostatica dell’acqua all’interno delle tubature, pressione che rendrebbe difficile il controllo della velocità. Per evitare ciò,queste macchine avevano valvole di circolazione, cioè l’acqua veniva trasportata fino alla base del pistone dove è presente una valvola composta che, in caso di salita fa entrare acqua dalla parte alta del pistone mentre scarica l’acqua presente nella parte bassa in modo da permettere al cilindro di scendere e fare salire così la cabina. In caso di discesa invece la valvola preleva l’acqua dalla parte alta del pistone e la porta nella parte bassa del pistone creando così una spinta del cilindro dal basso verso l’alto e rendendo allo stesso tempo uniforme la pressione all’interno del cilindro durante tutta la corsa.

Poiché, durante la salita del pistone l’acqua circola dalla parte alta alla parte bassa solo se non si supera la pressione idrostatica,la corsa del pistone deve essere limitata a 10,33m, oltre questa altezza l’acqua, per via del suo peso non è più in grado di circolare dalla parte alta del cilindro verso la parte bassa e la cabina non è più in grado di scendere.
Quindi, nella progettazione si giocava tra altezza del vano e rapporto di taglia in modo che il pistone non avesse mai una corsa maggiore di 10,33m.

Le valvole operative delle tre macchine descritte erano essenzialmente uguali e consistevano in valvole a pistone con corpo in ghisa foderato in ottone e guarnizioni in cuoio ed erano realizzate in modo da poter avere degli arresti morbidi.
Queste valvole erano azionate da una cremagliera ed un pignone sul cui albero era presente una puleggia nella quale circolava un fune senza fine che passava dalla cabina e dalla testata per poi tornare al pignone. Per gli impianti con pressioni molto elevate per azionare le valvole servivano forze maggiori così, per facilitare il compito degli operatori e per permettere un maggiore controllo della velocità della cabina, veniva installata una valvola pilota che faceva da “servosterzo”.

Con l’aumentare delle altezze e dimensioni degli ascensori e grazie alle migliorie tecnologiche, gia alla fine del 1898 diventano comuni gli ascensori idraulici che invece della pressione dell’acquedotto, sfruttano pompe a vapore composte, duplex, ad azione diretta con
serbatoi di compressione posizionati nella base nella parte superiore dell’edificio. In entrambi i casi la scelta era dovuta alla posizone in cui era possibile avere la fornitura di aria compressa nei serbatoi per contrastare le perdite di pressione dovute a momentanee variazioni di potenza delle pompe.
Dove gli edifici erano abbastanza alti, i serbatoi posti nel tetto avevano il grande vantaggio di una minore fluttuazione della pressione, grazie allo sfruttamento della pressione idrostatica, che permetteva di avere una maggiore stabilità nel funzionamento delle le pompe e la corrispondente economia nel consumo di vapore.

Lo sviluppo della tecnologia ha portato a passare dal vecchio telaio della puleggia mobile sospeso in aria senza guide a un telaio rigido che viaggia in guide metalliche. I cilindri leggeri in ghisa, sono stati migliorati e rafforzati mentre fanno la comparsa delle fasce elastiche in bronzo dei pistoni

Fino all’arrivo del motore elettrico i produttori di elevatori idraulici non avevano rivolto la loro attenzione all’economia di funzionamento.
Il primo passo è stato quello di compensare la variazione di potenza dovuta al cambio di posizione dei cavi durante la corsa, che, per ascensori anche moderatamente alti, era una percentuale importante del lavoro da svolgere.

Un metodo per compensare idraulicamente la variazione del peso del cavo fu applicato al St. Paul Building, a New York City, nel 1895, ed è stato usato da allora in molti altri edifici; anche se il metodo è più elegante rispetto alle catene, eliminando il loro svantaggi-vantaggi, richiede spazio aggiuntivo che spesso non può essere ottenuto.

Questo sistema è costituito da un tubo verticale, collegato al fondo del cilindro di volume proporzionale al volume del cilindro, dove
viene fatta risalire l’acqua quando viene scaricata dal cilindro.

Il tubo è aperto nella parte superiore all’altezza esatta richiesta ed è dotato di un bacino di raccolta e scarico; quindi qualsiasi eccedenza di acqua viene espulsa.

Altre ottimizzazioni sono state fatte sull’efficienza dei motori idraulici, sulla riduzione dell’attrito dei cilindri contro il pistone e delle varie pulegge ed anche le funi di spospensioni sono state migliorate.
Sono state migliorate anche le tecniche per ridurre le perdite idrauliche nei tubi e nelle valvole.

La riduzione delle perdite idrauliche è stata realizzata anche dall’uso di pressioni più elevate.
L’uso di sistemi misti con alta e bassa pressione con valvole automatiche per il passaggio dall’una all’altra pressione hanno permesso di unire i vantaggi delle grandi protate e velocità date dagli impianti ad alta pressione ed i vantaggi della bassa pressione con cabine che viaggiavano con poco carico.

Intorno al 1899 il tipo di ascensore a pistone diretto, macchina utilizzata da molti anni in Europa, entrò in uso su scala più ampia anche in America.
Questo dipo di ascensore era usato per carichi persanti e corse brevi, o per trasorto di passeggeri in edifici bassi.
Lo sviluppo di questo tipo di ascensore è dovuto anche al miglioramento dell’arte di praticare fori nel terreno sviluppata dall’industria petrolifera e dai miglioramenti apportati dai costruttori di tubi in acciaio.
I vantaggi di questa macchina rispetto alle altre non sono molti se non per il fatto che occupa meno spazio nell’edificio.
Il grosso vandaggio è di tipo psicologico perchè nella mente del pubblico, una tale macchina sembra più sicura perchè la cabina è supportata dal basso invece che essere sospesa a delle funi. Questo vantaggio di fatto era fittizzio perche alcune macchine a pistone diretto non avevano nessun dispositivo contro la caduta della cabina.

Gli ultimi sviluppi di questo tipo di ascensori sono quelli legati all’utilizzo di motori elettrici per azionare le pompe ed all’introduzione degli elettromagneti per azionare le valvole idrauliche e per governare, assieme ad altri sistemi elettromeccanici il movimento della cabina senza dovere usare le funi senza fine.

Il sistema di comando con le funi senza fine era un sistema voluminoso e con diversi difetti, primo dei quali l’allungamento delle funi che rendeva inefficace la leva di azionamento.


Con l’azionamento elettrico delle valvole lo spazio richiesto dall’operatore è molto minore ed in caso di cabine piccole la differenza era evidente.


L’aggiunta dei sistemi elettromeccanici automatizzarono poi l’arrivo al piano tanto che il manovratore diventò solo la persona che chiudeva le porte e premeva il pulsante del piano di arrivo.

Testo e immagine tratti a seguito della lettura dei seguenti documenti:

  • Elevators hydraulic and electric by Calvin F. Swingle. Frederick J Drade & Company year 1910
  • Hydraulic elevators, by William Baxter Jr. The engineer publishing co. year 1905
  • Ascensori e montacarichi elettrici di Riccardo Paolelli. Enta Nazionale Prevenione Infortuni anno 1969
  • Transactions, International Engineering Congress. Passenger Elevators. year 1904